domenica 7 luglio 2013

Hoşçakal, bye bye Istanbul!!! Un'esperienza determinante grazie al Servizio Volontario Europeo.

Tutti i giorni passeggiando da casa alla Mavi Kalem incrociavo scene di vita quotidiana che mi trasmettevano un misto di nostalgia dei tempi passati e mai vissuti, tenerezza, incredulità, curiosità e stupore..

“Gli uomini e il loro carretto lavorano in tutta la città; c'è quello delle patate, delle cipolle, l' hurtaci delle ferraglie passate da mano in mano, quello delle angurie, delle custodie plasticate dei passaporti e quello sommerso nelle sue plastiche variopinte. Passa il carretto dei simit e si incrocia quello delle caramelle melliflue e delle mele caramellate. C'è l'uomo del carretto di “vestiti da casa” che rincorre quello dei calzetti, e quello dei dolcetti tulumba che scambia due parole con quello delle polpette nomadi köfte. Il carertto eskici delle cose usate, quello dei panini di pesce, delle noccioline e dello zucchero filato (che in turco viene chiamato zucchero di cotone).
Uomini di carretti e mestieri diversi che si trainano dietro o spingono in avanti un carico di sogni e speranze eseguendo abili e coloriti richiami dagli accenti e musicalità più bizzarre finché riescono a conquistare qualche donnona che dalla finestra cala il suo cestino di paglia... iki kilo patates (due kili di patate)!!!
Un passo in più verso la realizzazione del sogno di un uomo con il suo carretto.”
27 maggio 2013, Balat

Il signore del carretto delle caramelle melliflue e delle mele caramellate

La vita ad Istanbul mi ha assorbita del tutto ed è per questo che non sono riuscita a tenere aggiornato nessun diario, blog o report.
Il mio progetto è finito da una settimana e da allora la mia mente vaga in cerca della “realtà”. Tornare a casa dopo quasi un anno di vita all'estero non è una cosa così scontata e semplice, anzi è totalmente sconvolgente. Ancor di più se questa esperienza è stata il Servizio Volontario Europeo, che da programma permette proprio di immergersi nella cultura locale offrendo il lusso di alcune comodità, come quello di non dover pensare all'affitto ad esempio, cosa assolutamente non da poco!!
A cuore ancora caldo posso condividere numerose emozioni e disegnare in qualche modo una valutazione di quella che per me ha rappresentato l'esperienza più determinante e istruttiva vissuta fin'ora.
Sono partita carica di aspettative per lo più riguardanti me stessa; superare la prova dell'allontanamento dalla famiglia (essendo la prima volta che andavo via da casa), dagli Amici (dai quali proprio non riuscivo a pensarmi lontana) e dalla mia amata Trieste: ridurre l'insicurezza eccessiva e le paranoie raggelanti che al sol pensiero di comunicare in una lingua estera mi portavano a dimenticare le parole più basilari; imparare bene la lingua turca; essere capace di aggirarmi da sola ad Istanbul senza bisogno di ciceroni e scorte.. perdermici; approfondire le mie conoscenze su questa cultura così affascinante che in qualche percentuale scorre anche nelle mie vene e sulle minoranze presenti nella città e in Turchia in generale.

Carretto delle plastiche multicolori che ogni mattina incrociavo sulla via per la Mavi Kalem, Balat.

In assoluto il nodo più stretto e difficile da sciogliere è stata la comunicazione in turco, specialmente in quei momenti particolari in cui avrei voluto esprimermi e raccontarmi ma le parole conosciute non erano abbastanza per descrivere le sfumature degli stati d'animo o per intervenire in discorsi più impegnati come politica, religione e attualità. Dopo momenti difficili però ci si rafforza e alla fine pian piano il bagaglio lessicale si arricchisce e gli sforzi vengono premiati con splendide soddisfazioni (come riuscire a seguire un intero meeting sulle Ong in Turchia che si occupano dei rifugiati siriani in lingua turca e inglese senza usufruire dell'aiuto della traduzione simultanea)!
La casa, la famiglia e gli amici certo sono mancati tantissimo! Soprattutto in quei momenti in cui non riuscivo a spiegarmi come avrei desiderato, e sognavo la compagnia di qualche amico con cui sarebbe bastato un semplice sguardo per capirsi.
E poi... tutto d'un tratto, neanche ti accorgi di quanti legami hai stretto, di quanto si è condiviso assieme, che già è quasi scaduto il tuo tempo e vorresti mangiarti le mani!!!

Durante l'ora di arte con le mie due super amiche Ece e Özgecan!! <3


Gruppo di amici Evs portati a scorrazzare al pazar di Fatih durante il Mid-term Evaluation.

Ora che sono tornata il problema linguistico ed espressivo si è rimaterializzato ma in versione opposta. Credetemi, dopo tutte le esperienze che si collezionano, le immagini che si tenta con tutte le forze di tatuare nella mente, le azioni che ogni giorno ci si abitua a compiere, è estremamente difficile trasmettere questi particolari a coloro che non li hanno vissuti sulla loro pelle.
Ogni parola sembra riduttiva paragonata alle sensazioni interne. Ogni descrizione manca della musicalità della lingua del posto, dell'abbraccio dell'ezan, la chiamata alla preghiera, del profumo di pane appena sfornato, delle corse dei bambini lungo le strade, dei tratti dei volti, degli sguardi profondi anni, delle donne velate e quelle con tacchi stilosi, delle case diroccate, la sporcizia e gli spazzini, la clinica pulizia però all'interno delle case, le scarpe lasciate all'entrata, i colori dei pazaar ed il loro frastuono, le signore che spingono prepotenti per accaparrarsi i peperoncini più belli e il pazarlik ovvero la contrattazione sul prezzo più conveniente.
Ogni descrizione manca della poesia dei contrasti di cui la Turchia è ricca e Istanbul ne è la regina e di cui non vorrei più farne a meno.

Strisce di panni a stendere..scenario tipico di Fener e Balat
Collaborare con la Mavi Kalem, anche se soltanto per un periodo definito, è stata un'esperienza di crescita personale pazzesca. A livello locale l'associazione si occupa di assistenza sociale per lo più concentrato su donne, ragazzi e bambini dei quartieri di Fener e Balat (dove oltre a lavorare ci abitavo). Quartieri un tempo casa delle comunità ortodossa e ebraica, oggi sono per lo più popolati da famiglie provenienti dall'est anatolico e rom.
Il week-end è lo spazio delle attività rivolte ai bambini. Che scalmanati! Figli di un popolo dal cuore caldo, questi bambini così svegli mi hanno narrato un lato di questa cultura a me totalmente sconosciuta. L'essere bambini in Turchia, come credo in molte parti del mondo, non è sempre così scontata. Qui spesso si vedono i bambini lavorare o chiedere l'elemosina. Questi ultimi spesso provengono da famiglie rom, migranti o molto povere. Inoltre è facile notare come la maggioranza dei bambini qui giochi per strada. Perdendomi nelle labirintiche vie dei nostri quartieri spesso mi si catapultava immediatamente nella testa l'immagine di mio padre giocare a calcio per le strade, un racconto che lui abilmente dipingeva con colorate parole. Solo qualche decina d'anni separano quei palloni calciati da piccoli piedi esperti, un piccolo particolare in fondo, non abbastanza potente da impedirmi di fare un salto in dietro nel tempo. In questa cornice la Mavi Kalem tenta di dare un'alternativa al gioco di strada ai bambini di Fener e Balat, permettendo loro di partecipare a diverse attività che variano a seconda dei volontari che le propongono. Abbiamo tentato di valorizzare la creatività di ognuno attraverso disegni, percorsi di gioco e cultura generale, sculture e recycling-art. Contemporaneamente venivano perfezionate le doti matematiche, linguistiche e filosofiche dei piccoli, si organizzavano gite culturali, piccole lezioni di cinema, in cui proprio i bambini dovranno girare il proprio sceneggiato, di fotografia.
I bambini insegnano a loro volta molto a noi educatori. Ci insegnano che anche noi abbiamo dei difetti, ci insegnano a ridimensionare l'idea che abbiamo di noi stessi rispetto a loro, ci insegnano la gioia del gioco e del sorriso. Ci insegnano che dalla loro prospettiva il cielo è più facile vederlo, e di alzare lo sguardo ogni tanto.Ci insegnano ad occuparci di qualcuno, ad essere seri e responsabili, ma in modo gentile e gioioso. Certo a volte sono tremendi e vorresti spiegar loro che non potranno esser così, che la vita è difficile e non si deve correre dentro le aiole e rubarne tutte le rose, nonostante l'intento sia quello di regalarle agli educatori o alle proprie mamme. Li si vorrebbe sgridare, dicendo loro di comportarsi meglio, di ascoltare, di non fare i capricci, non urlare, non litigare.... Ma se non lo fanno ora??? E' il loro compito!
Ci insegnano a tornare bambini. E ad amare.

Un forte abbraccio prima dei saluti..

A causa del particolare assetto culturale parecchie donne della zona hanno manifestato la necessità di ricevere un supporto psicologico/culturale, esigenza alla quale ha risposto la Mavi Kalem con la realizzazione di numerosi progetti.
Ho avuto la fortuna di partecipare al progetto di supporto psicologico attraverso l'arte terapia, un'esperienza a dir poco interessante quanto intensa. Le signore, guidate dalla psicologa, attraversavano un percorso che dalla loro infanzia fino al presente andava a toccare ed elaborare i traumi vissuti attraverso l'espressione teatrale e del body-rhythm. In un contesto del genere, più attento alle tradizioni e dove il corpo difficilmente viene usato per esprimere il proprio stato d'animo, è inutile dire quanto utile sia stato per queste donne un'attività del genere. Le donne infatti spesso sono concentrate attorno alla mera vita familiare, la casa, i bambini e il cibo. Alcune non lavorano, altre non hanno un'educazione sufficiente, altre ancora subiscono violenze di qualche genere a casa o fuori casa. Ci sono le turche, le curde, le armene, le arabe, le musulmane, le atee, le ortodosse e le cattoliche. Sono tutte donne che in qualche modo ricercano un luogo accogliente, dove potersi sentire libere dai giudizi, dove poter parlare e confrontarsi con altre donne con storie differenti ma che spesso seguono uno stesso filo conduttore. Sono donne che raramente frequentano cinema, teatri o caffè, in quella fasci di terra lungo il Corno d'Oro per lo più si va nei pazaar, nelle scuole a prendere i bambini o dalle vicine a bere il caffè. Donne che spesso parlano due o tre lingue, mentre io tutta bella studiata faccio fatica a parlare l'inglese! (ahahah). Donne che la mattina presto dopo la mia corsetta incrociavo sul lungomare e si scambiava qualche parola mentre ci si teneva in forma allenandosi sugli attrezzi nel parco. Altre nello stesso momento tornavano ragazzine agli attrezzi preferivano rincorrersi ridendo felicemente o  fare un giro sullo scivolo per poi finire a dondolare su altalene non proprio calibrate per il loro peso!!
E' grazie alla partecipazione a questi incontri e alle attività con i bambini che ho avuto modo di cogliere sottili particolari di questa cultura ma soprattutto delle diverse sfumature che la compongono.

Il pic-nic di chiusura degli incontri di Arte Terapia.

Sfumature così varie e a volte così contrastanti che negli ultimi mesi sembrava incredibile vederle unite assieme nella lotta contro l'attuale Governo che sta smuovendo la Turchia. Non riesco a comunicare alle persone esattamente quello che ho provato nel vivere sul posto un momento di tale importanza storica per questo paese. La grande maggioranza della popolazione ne è coinvolta. Tutti scendono in piazza, dai giovani studenti, agli impiegati, dagli atei ai musulmani anti-capitalisti, ai medici, dai turchi ai curdi e agli armeni, i fruttivendoli, gli avvocati, il Galatasaray, il Fenerbahçe e il Beşiktaş i ragazzini, gli anziani, e i volontari: tutti uniti in questa lotta per la libertà e la democrazia esprimendo la frustrazione, rabbia e voglia di cambiamento da un governo che odia essere messo in discussione e che agisce senza chiedere il parere dell'opinione pubblica.
E' scontato quindi dire che la tensione si sentiva forte e presente ovunque. Sia a casa che in associazione le persone erano estremamente coinvolte in ciò che stava accadendo, al punto che tantissime nostre attività di routine sono state cancellate, come lezioni, riunioni, stesura di progetti, documenti, report, festival organizzati. Tutto “iptal”, cancellato. Sui pc si vedevano contemporaneamente andare quattro, cinque pagine di riprese dal vivo degli accadimenti, tutti i computer risuonavano fischi, urla, spari, pentole e...coraggio...
Un sollevamento popolare che è stato contagioso in tutto il Paese, dove le proteste non si sono ancora fermate, né è scemata la forza di partecipazione e di solidarietà, alle quali però è stato risposto con mano pesante da parte della polizia. Gas al peperoncino e arancio (non profumano, corrodono..); idranti con sostanze chimiche all'interno e con un getto di una potenza tale che può ammazzare; pallottole di plastica; manganelli; ieri sera si sono visti provocatori (che di sicuro non fanno parte dei manifestanti, ma mandati dalle forze governative) impugnare sciabole e agitarle contro signore di passaggio; arrestate centinaia di persone tra i civili, compresi avvocati, medici e giornalisti; feriti e morti.

Piazza Taksim un giorno traquillo di protesta.

Questo paese non sembra desiderare ulteriori cementificazioni del territorio di cui invece il Governo ha già messo in atto diversi progetti; come la conversione di Gezi Park in un centro commerciale e moschea; quello della costruzione di un terzo ponte sul Bosforo; il progetto dello scavo di un canale alternativo -e vicino- al Bosforo che devierà il flusso navale liberando la bella vista agli occhi dei turisti -come se non fosse già abbastanza bella Istanbul-; il progetto che vedrà la costruzione di nuove caserme/questure nelle città dell'Est -rendendo sempre più difficile il processo di pace in atto con la popolazione curda-; e quello della costruzione di un terzo mega-aeroporto ad Istanbul -che a sua volta porterebbe alla distruzione di centinaia di alberi-.
E poi c'è la continua censura di notizie che riguardano manovre politiche attraverso decine di arresti, in particolare di giornalisti, e multe salate ai notiziari che appoggiano parti scomode al Governo. Particolarmente accesa ancora, e altrettanto oscurata, è la delicata questione del processo di pace in atto con la popolazione curda.
Nonostante le risposte brutali del Governo la determinazione con la quale la protesta è stata mandata avanti è impressionante, in special modo nel mantenimento del suo carattere non-violento (da parte dei manifestanti, ovviamente). Una presa di posizione collettiva che vuole riappropriarsi dei suoi diritti, delle sue libertà, della strozzata democrazia e dei suoi luoghi pubblici.

Ho salutato la Turchia, ed Istanbul con un nodo allo stomaco, lasciando un popolo forte e pieno di energia lottare per il rispetto dei suoi diritti. A volte ho pensato che avrei preferito un periodo finale migliore per ricordare il mio Sve, poi però realizzo quanta fortuna ho avuto a capitare in un momento come questo e nella posizione, da un certo punto di vista, privilegiata in cui mi sono trovata essere nello stesso momento manifestante ed osservatrice esterna. Sono eccitata e orgogliosa di aver preso parte ad un movimento di tal originalità ed importanza mano nella mano con le mie nuove amicizie e le nuove esperienze di cui mi sono arricchita.
Ho lasciato un pezzo di cuore in quella terra, per quanto possibile ho esplorato il più a fondo che ho potuto e si è nuovamente accesa in me la voglia di studiare, ricercare e si intensificato il desiderio di lavorare con le minoranze e le persone migranti. Non voglio fermarmi qua.

Momenti di euforia giocando al parco a Fener.

Questa esperienza, il periodo di Servizio Volontario Europeo che ho svolto ad Istanbul è l'esperienza più intensa e formativa che abbia vissuto e la considero un'opportunità che nessun giovane dovrebbe lasciarsi scappare. Si possono fare delle esperienze così intense, nel bene e nel male, la cui entità ed importanza che hanno rappresentato per noi sarà difficilmente comprensibile per persone rimaste qui ad aspettarci. Ma la voglia di raccontare sarà così forte che si tenteranno mille strade diverse per trasmettere le sensazioni di un'esperienza così determinante. E' arricchimento personale, crescita, è uno stimolo continuo alla ricerca e all'approfondimento, è scoperta di se stessi, del proprio modo di interagire con l'altro e dei propri limiti, è rafforzare le proprie difese.


Ricomincerei tutto dall'inizio, all'istante!

English-Domino al parco.

venerdì 22 marzo 2013

Terra mesopotamica

Terra antica, terra contesa, terra di contraddizioni profonde, terra di culti secolari, terra di scavi e scoperte recenti, terra del Tigri e dell'Eufrate, terra fertile, terra di pastori, terra di culture assortite, terra di segreti bisbigliati, terra di copricapi significativi, terra di rughe scavate dal lavoro e dal sole, terra di rattoppi, terra di comunicazione in tre lingue, terra calpestata da piedi migranti di tutti i secoli, terra di profumo di carne di pecora, terra dei dolci piu' dolci del miele, terra dei bazaar polverosi e delle urla colorite dei commercianti, terra della lana ad asciugare sui tetti, terra di moderne e oscene costruzioni, terra dei dolmuş che corrono impazziti per le strade, terra di sguardi curiosi e increduli, terra di persone di una gentilezza abbagliante, terra di brulle distese di niente, terra di rifugio e di fuga, terra color ocra e luce, terra di musica e canti.


scrutare al di la' delle mura, Diyarbakır
Viaggio nel sud est dell'odierna Turchia, un viaggio fondamentale e determinante per me. Di certo con ancora un po' di tempo a disposizione sarei potuta andare più a fondo, ma seppur soltanto di prima occhiata sono riuscita a soddisfare in qualche modo le curiosità che mi attraevano in quella terra così tanto studiata e così poco conosciuta.
Ho voluto chiamarla "Terra mesopotamica" in quanto è una vasta regione in cui convivono almeno tre etnie e vengono raccontate storie in altrettante lingue, quali turco, curdo e arabo.
Un altro aspetto fondamentale di questo viaggio è stato quello di averlo vissuto con il mio compagno di vita Gio. Se il viaggiare di per sé determini in qualche modo un cambiamento e una crescita, venire a contatto assieme a lui con popoli e terre cosi fertili di storia e tradizioni, vivendo emozioni tanto contrastanti (gratitudine, disprezzo, gioia, pietà, benessere) ha sicuramente influito positivamente sul nostro rapporto, avvicinandoci e arricchendoci vicendevolmente di esperienza e conoscenza. Mano nella mano osservare a quattr'occhi un caleidoscopio di immagini che richiamano lontani ricordi risalenti alle scuole e incrociare una tempesta di stimoli coinvolgere ogni senso.

Diyarbakır, Mardin, Şanlıurfa, Harran e il Göbekli Tepesi e in fine Gaziantep. Tutto e' completamente diverso dalla moderna occidentale Istanbul. Innanzitutto le persone. Se aveste ancora qualche dubbio sul senso di ospitalità della gente in Turchia (ma credo nel Medio Oriente in generale) dovreste per forza visitare quei luoghi. Se per caso vi faceste vedere con lo sguardo un po' perso, cercare una via, sulla vostra strada incrocereste almeno tre persone pronte ad aiutarvi e telefonare per la risoluzione del caso a qualcun'altro ancora. Nella cultura di questa gente è profondo l'amore per la musica. Amano cantare, ovunque! Passeggiare per le strade è un piacere, non fosse che non essendo una zona molto battuta dai turisti ci si senta tutti gli occhi addosso. Devo dire che faccio fatica ad abituarmi agli sguardi continui delle persone (che tengo a sottolineare esistono anche nella big metropoli Istanbul). Quelli delle donne indispettite, di quelle sognanti stili di vita più comodi e culture più aperte, degli uomini curiosi e di quelli stupiti di vedere una ragazza europea di pelle chiara, dai capelli corti e occhi verdi. Tuttavia ce ne si fa una ragione e ci si sente minoranza. Proprio l'esperienza che volevo vivere. Sentirmi minoranza in mezzo alle persone che, guardati di sbieco dagli "occidentali", generalmente si vedono migrare verso il miraggio della ricca e florida Europa. 
Lungo le strade, spostandoci in macchina o in autobus, abbiamo incrociato numerose volte intere famiglie siriane scappare dalle loro case. Abbiamo toccato con lo sguardo di comodi turisti la tragedia della guerra che costringe comunità intere alla fuga, sempre che soppravvivano a violenze di ogni tipo. Abbiamo visto piccoli accampamenti di "fortuna" lungo le strade; altri gruppi che, con qualche soldo in più prendevano le nostre stesse corriere per raggiungere altri membri della famiglia; altri gruppi che già sono ospitati dai parenti più fortunati poiché residenti in Turchia al momento; altri, ancora un po' più ricchi, alloggiare in hotel e pensioni in attesa di qualche segno dall'alto...

Le città sono gremite di persone di ogni genere: Diyarbakır è in maggioranza curda e più del 70% della popolazione parla curdo, ora che la situazione sembra leggermente più tranquilla. Sembra che il governo conceda piccole nuove "libertà", come quella di concedere l'insegnamento della lingua curda in qualche rara scuola, o far finta di non notare l'autonoma iniziativa di qualche comune di aprire corsi di lingua, o ancora quella di tollerare la lingua curda parlata pubblicamente per le strade. Non è tuttavia un argomento risolto, anzi. Spesso ci sono eventi di manifesta intolleranza. Ma considerando che il divieto dell'uso della lingua curda in ogni luogo, pubblico e scuole, risalga agli anni Ottanta, ci sono stati importanti passi avanti. Assolutamente insufficienti, ma di sicuro importanti. 

Venditore di polli, Diyarbakır
Facilmente si possono incrociare uomini passeggiare con in mano galline vive e interessanti arrangiamenti di sidecar sfrecciare per le srette vie della città vecchia. Intrufolandosi in questi labirintici vicoli di tufo grigio, cosa da fare assolutamente con una persona del luogo, si possono trovare moschee dagli equilibristici minareti, chiese cattoliche e armene antiche e perfettamente restaurate, protette dai loro custodi, alcuni totalmente ignoranti della storia degli edifici, altri esperti ed esaustivi, fedeli ma celanti del proprio credo di fronte allo stato. (Oggi non e' più indispensabile mentire sulla propria religione, la Turchia è uno stato laico, ma molte famiglie specialmente armene e cristiane in passato hanno avuto, come si sa, molti problemi).

Mar Petyum Keldani Kilisesi, chiesa cattolica, Diyarbakır
Chiesa armena, Diyarbakır

4 ayaklı minare, il minareto dai 4 piedi, Diyarbakır
Inoltrandosi ancora più a fondo è stato magnifico sbucare in un grande antico cortile dove oggi ci si può accomodare e bere in pace un çay o gustare il menengiç, una bevanda che ricorda il caffè turco ricavata dai granelli del terebinto, menengiç in turco, dal sapore deliziosamente speziato che viene cotto nella tazzina direttamente nel forno (attenzione a quando lo sorseggiate perché è davvero bollente, mi sono ustionata la lingua!!!).

Menengiç
A circondare la città una lunga cinta muraria, seconda alla Muraglia Cinese, color grigio basalto dalla quale cima si può apprezzare una vista incredibilmente aperta sulle valli mesopotamiche e sul Dicle Köprüsü (On Gözlü Köprü), letteralmente il "ponte dai dieci occhi", che attraversa il millenario Tigri.

Le mura di Diyarbakır
La citta' tuttavia sembra abbastanza povera: specialmente seguendo il perimetro delle mura si possono osservare quartieri decisamente deteriorati, del tutto non curati, lasciati a loro stessi. E i bambini a correre in mezzo agli spazi polverosi mentre le loro madri, zie, cugine, sorelle maggiori chiaccherano sedute per terra di chissa' quale questione.

Quartieri poveri, Diyarbakır

Spostandosi più a sud, si arriva in quella che qui considerano la capitale della tolleranza in Turchia: a Mardin  infatti si può subito notare l'eterogeneità della sua popolazione (arabi, curdi, turchi) e la convivenza pacifica tra le diverse comunità religiose (musulmani cristiani, armeni) questo grazie alla sua posizione strategica: posizionata a poco più di mille metri sovrasta la pianura che per soli venti chilometri la separa dalla Siria. Di questa affascinante città colpisce immediatamente l'architettura prettamente arabeggiante, di un color ocra paglierino che scalda la vista e l'anima e lascia a volte davvero incantati.

vista da Mardin e i suoi fantastici colori

Kasimiye Medresesi, l'incatevole vista dalla Medresa Kasimiye, Mardin

I minareti delle sue moschee disegnano sagome sinuose nel cielo, perfettamente tutto delle tonalità delle colline che la circondano...brulle e ocra anch'esse. Bisogna assolutamente inoltrarsi anche qui nei labirintici vicoli per apprezzare il vero sapore della "fortezza" (significato di "mardin" in aramaico). Scendendo dall'unica via grande che la attraversa ci si imbatte infatti in un a dir poco pittoresco pazaar, dove le botteghe situate in micro stanze a mo' di grotta, si alternano ai più usuali banconi. Qui, come in tutti i pazaar turchi d'altronde, si può trovare davvero di tutto...dai vestiti, alle pentole, al cibo, alle ferramenta! Piccole scalinate seguite da stradine cementificate, dove le macchine non possono circolare e quindi al loro posto, come in un paese che si rispetti, vengono utilizzati gli asini! E passeggiando, tentando inutilmente di passare inosservati si può facilmente restare impressionati dai crani di pecora esposti nelle vetrine delle macellerie a dimostrare la qualità e naturalezza della carne :) !

A causa della presenza di piccoli e labirintici vicoli a Mardin e' indispensabile ancora l'utilizzo dell'asino.
E' a Mardin che abbiamo provato a trovare un alloggio grazie a Couchsurfing: il ragazzo con cui ci siamo messi in contatto però fa parte di quella gente che di questi tempi sta ospitando parenti in fuga dalla Siria. Tuttavia non smetteremo mai di ringraziarlo per l'enorme disponibilità e gentilezza, per aver condiviso con noi importanti questioni e aneddoti di vita, per averci consigliato una pensione dall'architettura autentica, per le partite a tavla (al quale ovviamente ci ha stracciati), per le comiche imitazioni degli uomini di Balat, per il vino della comunità dei Süryani  (che non significa "siriani", ma "siriaci" o "aramaici" / "assiri": sono un gruppo etnico che vive nei paesi del Medio Oriente di religione ortodossa siriaca o cattolica siriaca) e per averci fatto scoprire degli angoli nascosti della città e della cultura del luogo che senza una persona del luogo sarebbe impossibile notare.

Noi in compagnia di Ali con alle spalle la bellissima Mardin.

Anche Şanlıurfa (chiamata anche Urfa, anticamente Edessa) è oggi città multiculturale. Aggirandosi per le vie che circondano il maestoso parco del Balıklı Göl (il lago dei pesci, carpe sacre e ciccionissime per la precisione) abbiamo notato subito come qui anche gli uomini più anziani indossino dei copricapi, che in generale sono di quattro e ripetuti tipi diversi. Coloro che indossano quella che noi chiamiamo "kefia", quindi a quadretti bianchi e neri sono di etnia curda, quelli che vestono la stessa ma bianca e rossa sono arabi, mentre quelli con copricapi fatti da sciarpe viola o bianche (entrambe molto frequenti) potrebbero appartenere a qualsiasi etnia e non vogliono renderlo presente attraverso gli indumenti.

La gente di Urfa e i suoi colori, i copricapi viola

Passeggiando tranquilli nel complesso di moschee, Urfa

Abbigliamento tradizionale di qualche comunità...donne bellissime e maestose 

Questa città e' meta di pellegrinaggio dei seguaci di Maometto seconda solo alla Mecca. Infatti vi si troverebbe la grotta in cui nacque il profeta Abramo e in cui si rifugiò dalle violente persecuzioni del Re Nimrod. L'intero complesso attorno alla grotta è un susseguirsi di moschee ed eleganti cortili di archi e giardini e vasche.

Balıklı Göl, il paradiso delle Carpe sacre, Urfa
Parco del Balıklı Göl, Urfa



All'interno del complesso di parchi e moschee del Balıklı Göl, Urfa
In particolare quella chiamata Halil-ur-Rahman che comprende il Balıklı Göl, la piscina in cui trovano comoda vita le sacre carpe. Comoda poichè la storia racconta che chiunque tentasse di pescare una di queste creature diventerebbe cieco! Tale piscina sarebbe infatti il luogo dove Nemrut avrebbe voluto dar fuoco ad Abramo in sacrificio a Dio, il quale però intervenne prontamente trasformando le pire in acqua e il carbone in pesci.

Sidecar sfreccianti, Urfa
Le strette vie della citta' vecchia, Urfa
La parte povera... con antenne paraboliche e riserve d'acqua sui tetti, Urfa
Bambini giocosi, Urfa
Per assaporare tranquillamente almeno due degli interessanti siti nei dintorni della città ci siamo affidati ad un'"autista-guida" e, nonostante non sia stata una scelta propriamente economica, ne è valsa assolutamente la pena. Yusuf ci ha accompagnati ad Harran e al Göbekli Tepesi, supposti essere due dei luoghi costruiti dall'uomo più antichi al mondo.

Vista sulla parte vecchia e ancora abitata di Harran. 
Harran è considerato uno dei luoghi abitati da più lungo tempo sulla Terra, un villaggio di cultura araba, che compare anche nel libro della Genesi e in cui Abramo vi abitò per qualche anno circa nel 1900 a.C. Crocevia di strade carovaniere è stata contesa da numerosi popoli come Assiri, Medi, Macedoni, Persiani, Selgiuchidi, Romani e Arabi. La popolazione locale viveva di allevamento e contrabbando, ma grazie al "GAP", un importante progetto di canalizzazione e irrigazione dell'intero sud-est anatolico, dove una volta c'era il deserto ora si susseguono piantagioni di ogni sorta, le cui più famose sono quelle di cotone.

Harran Konuk Evi, casa di famiglia in autentico stile ad alveare perfettamente restaurata, oggi guesthouse, Harran
Il proprietario della casa assieme al nostro mitico şöför Yusuf

Porta di Aleppo, Harran
Entrando dalla Porta di Aleppo e si può passeggiare attorno ai resti di una secolare moschea (oggi degnamente curata dai migliori giardinieri possibili; mucche, capre, pecore e cavalli). Harran è nota anche per esser stato centro di venerazione del Sole, della Luna e dei Pianeti. Oggi è un sito che attrae gli occhi più curiosi in quanto sono ancora conservati validi esempi delle abitazioni a cono-alveare tradizionali del luogo. A causa del caldo estivo soffocante la pendenza dei tetti è stata studiata in modo da creare l'angolo di minor incidenza dei raggi solari!
Sembra di vivere in altri tempi....in mezzo al colore del Sole..le pietre, la terra, le case, le torri, la gente e la storia.








Signora indaffarata a stendere e cucinare le yufke. Ovvero sfoglie per  börek  e gözleme. Harran

Uomo adal fruttivendolo, Harran

A una quindicina di chilometri a sud-est di Urfa si trova il Göbekli Tepesi, considerato il più antico santuario conosciuto al mondo risalente al Neolitico (circa 9000 a.C.) e ad oggi la più importante scoperta archeologica in quanto si sia dimostrata un punto cruciale nella comprensione di come le società umane si siano sviluppate. Attraverso gli studi infatti si e' scoperto che tali templi erano stati costruiti anche prima della sedentarizzazione delle comunità nei villaggi. Il santuario è composto da pilastri disposti in circolo e molti dei quali raffiguranti simboli geometrici astratti e animali, come leoni, serpenti, volpi e tori ed esseri umani. Era probabilmente quindi sito di culti pagani. Questo sito è stato scoperto a metà degli anni Novanta e i lavori non sono ancora terminati.

Göbekli Tepesi
Piastri a "T" raffiguranti volpi e serpenti, Göbekli Tepesi 
Sguardo a perdersi sulle colline mesopotamiche.

Dilek ağacı, in cima alla collina l'albero dei desideri,  

Come non terminare il nostro bel viaggetto a Gaziantep la capitale dei pistacchi e quindi degli squisitissimi baklava!
Qui siamo stati ospitati da un gruppo variegato di amici, anch'essi volontari Evs, conosciuti all' On Arrival Training di settembre. Ho quindi avuto modo di rivedere e conoscere un po' meglio alcune persone davvero in gamba e il loro mondo. Mi è dispiaciuto apprendere come molte di esse non siano state per niente contente del loro progetto Evs. D'altronde le capisco. Se già la città di per se' non sembrerebbe offrire molto, a quanto sembra l'associazione in cui lavorano non li aiuta assolutamente nell'integrazione nel tessuto cittadino. Sembra tutto molto diverso dall'esperienza che vivo io qui ad İstanbul. Ovviamente la città fa la sua differenza, ma non e' abbastanza: inspiegabilmente l'organizzazione di Antep non sembra fare la giusta selezione/scelta dei volontari, ne prende tanti (una media di 20 persone alla volta) e non sembra prendere molto a cuore le loro richieste. Cosi' e' facile notare come un grande gruppo di ragazzi che lavorano e vivono assieme, inseriti in una città non abituata ad aver a che fare con gli stranieri, e per di più non supportati dall'Organizzazione stessa, sia  svantaggiato e scoraggiato sia nell'integrazione nella comunità locale che nell'apprendimento della lingua. Di certo il tempo che ho passato li non è assolutamente abbastanza per avere un quadro completo della situazione, questa è soltanto la prima impressione, confermata comunque dai racconti degli amici volontari di Antep.
Un'esperienza del genere tuttavia permette di far nascere e crescere grandi ed importanti rapporti ed amicizie, cosa che qui ad Istanbul è un tantino difficile. Il gruppo di Antep mi è sembrato affiatato e divertente ed è stato bellissimo rivedere le persone conosciute in precedenza e vivere un po' della loro esperienza nell'Est anatolico. (Un grazie particolare a Benedetta e Joanna che ci hanno scorazzati ospitati e nutriti!!!).

Pazaar di Gaziantep
A Gaziantep, al museo dell'antica città di Zeugma è custodito una splendida collezione di mosaici rinvenuti nel letto dell'Eufrate, che merita assolutamente esser vista e assaporata!

Terra del peperoncino piccante, Gaziantep
                       
A proposito di sapori, come accennato prima, a Gaziantep si possono gustare i più deliziosi piatti della cucina turca. Grazie alla sua posizione la città ha infatti potuto godere dell'influenza della cucina araba. Oltre ai baklava si possono gustare innumerevoli tipologie di kebap, tra i quali il simit kebap, l'Ali Nazik kebap (carne con purea di melanzane affumicate e yogurt), köfte (polpette) come ciğ köfte (polpettine di grano speziate) e içli köfte (polpette di grano fritte ripiene di riso e carne), e dolci come il kadayıf e il künefe.... rrrrrrrr che fame!!!!


e terra dei pistacchi, delle noccioline, delle noci e quant'altro, Gaziantep.

Eccoci alla fine. Ho provato a raccontare più o meno tutto ciò che questo interessantissimo e desideratissimo viaggio mi ha narrato e i segni che mi ha impresso dentro. Per quanto riguarda me preparando questo post e immergendomi nuovamente nel viaggio, mi e' tornata una voglia pazzesca di andare...osservare, curiosare, conoscere, gustare...Spero di avervi fatti viaggiare insieme a me..almeno un pochino.

Zaino in spalla e via allora, alla scoperta di nuove terre e genti!

(speriamo presto!!!)





sabato 24 novembre 2012

Pensieri di fondo

Ho già aperto un piccolo spiraglio sulla zona in cui vivo e lavoro...i quartieri di Balat e Fener...ma vorrei riprendere il discorso, sperando di non annoiarvi, poiché credo siano in particolare le esperienze quotidiane in questo piccolo mondo a sé che stiano in qualche modo facendomi crescere, o per lo meno maturare alcuni pensieri. Fatih, il quartiere islamico, Fener, una volta il quartiere ortodosso, e Balat, un tempo abitato da famiglie ebree, sono uno adiacente all'altro e si possono facilmente e piacevolmente attraversare a piedi non avendo paura di perdersi né di arrampicarsi sulle assurde pendenze delle stradine acciottolate che li caratterizzano. Un prato fitto fitto di case e tetti punteggiati dalle antenne paraboliche, strisce colorate di bucato lasciato riposare nel vento, carcasse di auto, avanzi donati agli animali più fortunati..immagini in cui spesso scopro i miei occhi assorti intenti a elaborare racconti, non necessariamente sognanti né a lieto fine, anzi, spesso carichi di sudore, vecchie famiglie, esistenze faticose, coraggio e storia.



Questi quartieri oggigiorno (in particolare quelli di Fener e Balat) sono popolati principalmente da famiglie provenienti dall'est della Turchia. Si scoprono volti dai tratti più variegati...i nasi pronunciati del Mar Nero, le folte sopracciglia e gli sguardi neri e profondi dei curdi, la pelle scura, gli occhi chiari e i piedi scalzi degli zingari, forse con qualche avo proveniente dalla penisola Balcanica. I bambini corrono per strada, giocano a pallone su scalinate di mattoni rossi, o si divertono da morire saltando su e già da qualche oggetto un po' più alto.. sì i bambini fanno la stessa caciara ovunque...ma qui sembrano ricordarsi come si giocava quando ancora il mondo non era infettato dalla tecnologia e dal vizio. Qui i bambini però sono anche "lasciati" giocare per strada, e capita di incontrare ragazzini insolenti ed arroganti che ti lasciano spiazzato e senza parole per reagire. Le loro urla acute si alternano a quelle delle loro "donne" (madri, sorelle, nonne, zie, e quant'altro), dalle corde vocali possenti e roche che in qualche modo riflettono una vita difficile piena di ostacoli, ma un carattere tenace e perseverante. Donne con  in media quattro cinque figli, vestite di abiti tradizionali dalle fantasie floreali più variegate e dai volti adulti e leggermente segnati...che ti lasciano davvero impotente e un po' scioccato quando scopri di avere la loro stessa età...
Qui il börek ha il sapore di casa, gli uomini giocano in sale a loro specificatamente dedicate, in inverno persone di tutte le età armeggiano un'accetta sulla strada per far legna, e si lascia asciugare la lana per riempire i piumini.
Qui la strada è il veicolo principale della vita di ognuno. I gatti ne sono i padroni, e i cani i loro assistenti..

Ed eccomi al motivo principale che mi ha spinto a descrivervi di nuovo queste zone e questa gente: desidero fortemente andare a conoscere e vedere con i miei occhi le zone da cui queste famiglie provengono..voglio vedere l'Est della Turchia..Trabzon, il Monte Nemrut, la Cappadocia, Erzurum, Merdin, Şanlıurfa, Gazientep e Hatay (Antakya)... Non so se sarà possibile vederle tutte...occupano uno spazio immenso, e sono tutte zone che desidero vedere...In questi ultimi anni ho conosciuto persone che hanno a che fare con qualcuna di queste città e hanno alimentato il mio interesse e.. in qualche modo, il mio senso del dovere di andare a vedere cosa si racconta di là. Oltre a voler visitare queste zone spinta da una mera passione della scoperta e curiosità, sento questo ipotetico viaggio come una missione. Le mie radici, il mio percorso di studi, le mie scelte mi devono per forza portare anche lì. Sembra automatico, e se non ci fosse nemmeno un piccolo assaggio, non mi sentirei a posto con la coscienza.. incompleta.

Perché ho lavorato e sto lavorando con minoranze..
E voglio essere io la minoranza nella loro terra. Terra tutta da conoscere.

Ps: sono riuscita a mostrare qualcosa a chi di voi è venuto a trovarmi in questo postaccio :) e sono estremamente felice del feedback..(Grazie Davide e Gioak!!! Una settimana mitica!)
Spero di essere riuscita a rispecchiare abbastanza fedelmente la realtà in cui vivo, anche se filtrata dalle mie sensazioni...realtà di cui un po' mi ci sono innamorata e che non vedo l'ora di condividere personalmente con voi (e soprattutto con la prossima e imminente visita :D ).. .. .. ..
...odi et amo...
Balat.

domenica 4 novembre 2012

Hoca!!!

Ieri è stata la mia prima effettiva lezione ai bambini...e,
sentirsi chiamare "Hoca!", l'equivalente di "Maestra" da noi, ed essere abbracciati al momento del saluto non ha davvero prezzo!!!! Soddisfazioni!!!!


Iyi günler!!!
Buona giornata a tutti!!!!

sabato 3 novembre 2012

AAAmiciciii

Sembra assurdo pensare come talvolta, nel centro di una città di almeno quindicimilioni di persone, ci si possa sentire anche un tantino soli...
eppure in queste condizioni è probabilmente ancora più difficile conoscere persone con le quali si possa instaurare un serio rapporto di amicizia. Ogni giorno si incontrano molti volti, conosciuti e non, ma spesso le conoscenze si fermano proprio sul confine del "non voler approfondire il discorso". Questo vale anche per me, assolutamente! Ma in questo momento sento una profonda nostalgia di persone davvero amiche. 
La nostalgia di una chiamata inaspettata per andare a fare una semplice passeggiata in centro, o sull'altopiano.. uno spriz da "Giovanni", sguardi complici, voglia di ascoltare vicendevolmente i propri smeni e pettegolezzi e sparare raffiche di cazzate..(perdonatemi il termine, ma ci sta tutto!). Prendere il treno e andare   lì dove il mondo mi si ferma attorno, dove tutto diventa caldo, come il pane di casa appena sfornato. Accanto alla persona con cui vorrei svegliarmi ogni mattina. Oppure passeggiare assieme controllando se ci sono dei pesci lungo il Molo Audace o il Canale Ponte Rosso, andare ai concerti, in montagna, in osmiza..! Tutto! Mi manca tutto ecco!
Oggi sono esattamente due mesi che sono a Istanbul, sono felice, lavoro, alcuni bambini mi sono già affezionati...ma..è una città enorme e creare rapporti solidi e profondi, al momento mi sembra impossibile..nonostante lo voglia a tutti i costi.
Tuttavia questo argomento tocca uno dei motivi che mi hanno spinto a compiere questo viaggio in questo modo, ovvero la mia profonda dipendenza dalle persone. Vorrei "disintossicarmene". Non so come spiegarmi, staccarmi da un tipo di rapporto che a volte mi a portato a soffrire. Forse non è nemmeno questo, non lo so!
Nonostante tutto ciò mi sento forte e sicura che avrò occasione di conoscere altre persone..l'importante è non buttarsi giù..e soprattutto sapersi tirare su al momento opportuno!!! E in questo mi sento proprio in una botte di ferro!!! 
Ok...dopo questo implicito invito a venirmi a trovare ascoltatevi questa simpatica canzone dei "Fodula" un gruppo locale che ho anche visto dal vivo! Son troppo simpatici!!! (anche se non capirete nulla!) La canzone si intitola "Perchè i capelli ti diventano bianchi amico"
Buon ascolto amiciii!!!



venerdì 2 novembre 2012

Surprise!!

Scoprirmi a pensare in turco.....questo poi!!!!!! Ahahah! 
E cos'è che ho pensato?? "Prima però vado un secondo in bagno...." LESAA! 
Già..dopo sei ore di turco è impossibile uscirne sani di mente...per di più con la consapevolezza che domani iniziano realmente i corsi, e qual è la beffa??? I miei "colleghi" di corso hanno gentilmente delegato a me la lezione di inglese di domani!!! Cioè...io che non capisco un accidente di inglese..e non parliamo del mio turco poi!!!! Ahhah! Poveri bambocciosi... proporrò loro la versione inglese di "Sacco pieno, Sacco vuoto" e qualche altro gioco va! Così almeno si divertono e non mi faranno uscire troppo scardinata! Ah!!!!! 





martedì 2 ottobre 2012

Visiting the "Albatross Culture"

Voglio condividere l'aspetto che per me è stato il più stimolante ed interessante del mio "On Arrival Training". Si tratta di osservare e comprendere le diverse culture superando i soliti luoghi comuni e pregiudizi. In particolare ciò che è stato a colpirmi è una "simulazione" in cui tutti i volontari erano coinvolti guidati dai due trainer.
Per rendere più chiaro ciò che ci è stato proposto, copio di seguito dei dati trovati su internet (http://www.peacebag.org/articles/toolkit-p5-visiting.html) con allegata qualche mia foto!!!!!  


Main ThemesConflict, intercultural learning.
Aims: This game aims at bringing the participants into a situation in which they are confronted with things, behaviour, experiences etc., new to them. It serves to bring out the fact that many things are interpreted wrongly at first sight, and points out the complexity of culture.
   
DETAILED DESCRIPTION OF ACTIVITIES OR SERVICES:
Preparation:
- Ask participants to leave the room while you prepare. Organise chairs in a circle inside a room. Have a male facilitator sit on a chair, and a female facilitator kneel barefoot on the floor next to him.
- Let the participants enter the room (the only information they are given beforehand is that they are now visiting a new culture as guests). 


There are three ways of communicating (which are not known to the participants at the beginning of the game).

   1) "Sssssssss!!!" = negative signal (for incorrect behaviour),
   2) "Mhmhmhmmmm!!!" = positive signal (for correct behaviour),
   3) Clicking one's tongue = an order to do something. 

The activity could be defined as follows (there are however no limits to being creative!):

Taking her position, the female facilitator signals to the participants to do the following:
- The female participants should kneel on the floor just like her.
- The male participants should sit down on the chairs.
- The female participants should take off their shoes. 

Welcoming
The male facilitator welcomes the other men by standing up and signalling to one man at a time to also stand up. Then the two men rub their knees together (right knee to right knee).
The female leader welcomes the other women, by making them stand up one at a time and rubbing their legs with her hands from hip to toes. 

Drinking water
The female leader walks around and offers water by holding the glass to the mouths of the men to let them drink, with the women she passes the glass to them and they drink themselves.

Eating bread
The female facilitator walks around feeds the men with the bread (like feeding children) and passes the bread into the hands of the women for them to eat the bread by themselves


Choosing a woman
Afterwards both male and female facilitators walk around and look at the feet of the individual women (they are signalled to stand up one at a time to have their feet inspected). They choose the woman with the biggest feet and signal her to take her place (kneeling) on the other side of the chair that the male leader sits on. 

                                                                        Hand on head
The leader places his hands on the heads of the two women kneeling beside him and tilts their heads gently towards the floor. He motions to the other men to do the same to the women on their sides. 

After the activity is over, ask the participants to go back to their seats and go back to "reality". Guide them to evaluate the game by asking questions like:
   - Any observations? Did you notice anything in particular?
   - What happened? How did the men feel?
   - How did the women experience their roles? 

Debriefing:
Depending on the outcome of the activity, you can also ask the following questions:
-Did most of you immediately assume that the women were being discriminated against? Why did you think this way. Is this is often the case?
- Can you relate this to what's happening today?
Examples:
- Pointing out hierarchies: in Europe up = good, in Albatross down = good.
- Do you believe that in a foreign country/culture you would feel like you felt in this game?
- How can we try to find out what the underlying reasons for behaviour are if we are not sure of interpreting the behaviour correctly?

Provate ad immedesimarvici: siete introdotti in una stanza in cui ci sono due persone che comunicano soltanto attraverso tre suoni diversi a seconda di ciò che vogliono dire; fanno accomodare prima le donne, obbligandole a togliersi le scarpe e facendole inginocchiare a terra; di seguito entrano gli uomini con indosso le scarpe e si siedono sulle sedie con i piedi alzati; poi seguono un paio di rituali che si svolgono per ogni persona, come strofinare i polpacci (tra le donne), bere l'acqua e mangiare un pezzo di pane (la donna imbocca l'uomo ma si serve da sola, la donna si inginocchia a fianco dell'uomo che a volte poggia la sua mano sulla nuca della signora e la accompagna fino a toccare il terreno con la fronte un paio di volte ( e di seguito i ragazzi devono fare lo stesso usando entrambe le mani per le due ragazze sedute al loro fianco); poi viene scelta una donna, quella con i piedi più grandi; ed in fine si esce..prima le donne ed in fine gli uomini.
L'atmosfera e le sensazioni provate erano ambigue e molteplici. Al momento delle osservazioni e dei commenti le idee erano diverse e consiglio a chiunque legga questo esercizio, di soffermarsi un istante qui, a pensare e a rispondere alle domande fatte sopra....... 
La prospettiva dalla quale guardiamo il mondo è calibrata in base alle nostra cultura, che è formata anche dalla nostra esperienza. Le mie idee in merito a questa piccola simulazione erano ben chiare, e nel vedere certi comportamenti (anche se simulati) mi sono sentita sottomessa dalla presenza maschile, sensazione che non era comune però in tutte le ragazze. E di certo sono stata "guidata" a quello stato d'animo dalle mie conoscenze pregresse, da un certo tipo di cultura, quella "occidentale", in cui ad esempio la donna emancipata non concepisce la necessità che molte altre hanno di coprirsi. 
Fermatevi a riflettere sulle vostre sensazioni prima di continuare a leggere.....


le famiglie iniziano a procurarsi la lana per le coperte invernali








ABOUT THE ALBATROSS CULTURE
In the Albatross Culture, the ground is considered holy. 
In the social hierarchy the women rank above men, therefore only women are allowed to touch the holy ground barefoot. The women are considered holy, too. The men must not touch what comes from the ground, therefore the men are fed by the women, whereas the women may touch the food and the water. 
The woman was chosen by the size of her foot, and the honour to kneel beside the leader was given to her as the woman with the largest feet because she has the biggest area of contact with the holy ground. 
The bending of the heads was a sign of gratitude - in this way the men can be closer to the holy ground (by touching the women!).

Con il racconto di questa storia, in seguito alla simulazione, sono rimasta colpita dalla mia povertà critica. Dalla mia scontata percezione. Un po' delusa dalla mia interpretazione ne sono uscita del tutto affascinata. Affascinata da una cultura inesistente, quella di Albatross, che in sé potrebbe inglobare tutte le culture diverse dalla nostra.
Non credo che tutte le donne velate indossino questo abito di loro spontanea volontà, ma di certo ci sono molte chiavi di lettura della stessa storia. Il trucco è cambiare posizione, sedersi al posto dell'altro e guardare con i suoi occhi. Valutare ciò che si vede, perché è davvero difficile trovare la verità assoluta. (Grazie a questo training sono riuscita a spiegare questa piccola osservazione "filosofica" anche a qualche bambina alla Mavi Kalem!!! ovviamente facendomi aiutare da una volontaria turca :p).

Spero davvero di essere riuscita a trasmettervi ciò che ho provato in questa esperienza e di avervi dato uno spunto per attivare un processo di matura introspezione e critica attiva verso le diversità che la vita ci sta offrendo.






Iyi Geceler!!! Buona Notte!!!!!