venerdì 22 marzo 2013

Terra mesopotamica

Terra antica, terra contesa, terra di contraddizioni profonde, terra di culti secolari, terra di scavi e scoperte recenti, terra del Tigri e dell'Eufrate, terra fertile, terra di pastori, terra di culture assortite, terra di segreti bisbigliati, terra di copricapi significativi, terra di rughe scavate dal lavoro e dal sole, terra di rattoppi, terra di comunicazione in tre lingue, terra calpestata da piedi migranti di tutti i secoli, terra di profumo di carne di pecora, terra dei dolci piu' dolci del miele, terra dei bazaar polverosi e delle urla colorite dei commercianti, terra della lana ad asciugare sui tetti, terra di moderne e oscene costruzioni, terra dei dolmuş che corrono impazziti per le strade, terra di sguardi curiosi e increduli, terra di persone di una gentilezza abbagliante, terra di brulle distese di niente, terra di rifugio e di fuga, terra color ocra e luce, terra di musica e canti.


scrutare al di la' delle mura, Diyarbakır
Viaggio nel sud est dell'odierna Turchia, un viaggio fondamentale e determinante per me. Di certo con ancora un po' di tempo a disposizione sarei potuta andare più a fondo, ma seppur soltanto di prima occhiata sono riuscita a soddisfare in qualche modo le curiosità che mi attraevano in quella terra così tanto studiata e così poco conosciuta.
Ho voluto chiamarla "Terra mesopotamica" in quanto è una vasta regione in cui convivono almeno tre etnie e vengono raccontate storie in altrettante lingue, quali turco, curdo e arabo.
Un altro aspetto fondamentale di questo viaggio è stato quello di averlo vissuto con il mio compagno di vita Gio. Se il viaggiare di per sé determini in qualche modo un cambiamento e una crescita, venire a contatto assieme a lui con popoli e terre cosi fertili di storia e tradizioni, vivendo emozioni tanto contrastanti (gratitudine, disprezzo, gioia, pietà, benessere) ha sicuramente influito positivamente sul nostro rapporto, avvicinandoci e arricchendoci vicendevolmente di esperienza e conoscenza. Mano nella mano osservare a quattr'occhi un caleidoscopio di immagini che richiamano lontani ricordi risalenti alle scuole e incrociare una tempesta di stimoli coinvolgere ogni senso.

Diyarbakır, Mardin, Şanlıurfa, Harran e il Göbekli Tepesi e in fine Gaziantep. Tutto e' completamente diverso dalla moderna occidentale Istanbul. Innanzitutto le persone. Se aveste ancora qualche dubbio sul senso di ospitalità della gente in Turchia (ma credo nel Medio Oriente in generale) dovreste per forza visitare quei luoghi. Se per caso vi faceste vedere con lo sguardo un po' perso, cercare una via, sulla vostra strada incrocereste almeno tre persone pronte ad aiutarvi e telefonare per la risoluzione del caso a qualcun'altro ancora. Nella cultura di questa gente è profondo l'amore per la musica. Amano cantare, ovunque! Passeggiare per le strade è un piacere, non fosse che non essendo una zona molto battuta dai turisti ci si senta tutti gli occhi addosso. Devo dire che faccio fatica ad abituarmi agli sguardi continui delle persone (che tengo a sottolineare esistono anche nella big metropoli Istanbul). Quelli delle donne indispettite, di quelle sognanti stili di vita più comodi e culture più aperte, degli uomini curiosi e di quelli stupiti di vedere una ragazza europea di pelle chiara, dai capelli corti e occhi verdi. Tuttavia ce ne si fa una ragione e ci si sente minoranza. Proprio l'esperienza che volevo vivere. Sentirmi minoranza in mezzo alle persone che, guardati di sbieco dagli "occidentali", generalmente si vedono migrare verso il miraggio della ricca e florida Europa. 
Lungo le strade, spostandoci in macchina o in autobus, abbiamo incrociato numerose volte intere famiglie siriane scappare dalle loro case. Abbiamo toccato con lo sguardo di comodi turisti la tragedia della guerra che costringe comunità intere alla fuga, sempre che soppravvivano a violenze di ogni tipo. Abbiamo visto piccoli accampamenti di "fortuna" lungo le strade; altri gruppi che, con qualche soldo in più prendevano le nostre stesse corriere per raggiungere altri membri della famiglia; altri gruppi che già sono ospitati dai parenti più fortunati poiché residenti in Turchia al momento; altri, ancora un po' più ricchi, alloggiare in hotel e pensioni in attesa di qualche segno dall'alto...

Le città sono gremite di persone di ogni genere: Diyarbakır è in maggioranza curda e più del 70% della popolazione parla curdo, ora che la situazione sembra leggermente più tranquilla. Sembra che il governo conceda piccole nuove "libertà", come quella di concedere l'insegnamento della lingua curda in qualche rara scuola, o far finta di non notare l'autonoma iniziativa di qualche comune di aprire corsi di lingua, o ancora quella di tollerare la lingua curda parlata pubblicamente per le strade. Non è tuttavia un argomento risolto, anzi. Spesso ci sono eventi di manifesta intolleranza. Ma considerando che il divieto dell'uso della lingua curda in ogni luogo, pubblico e scuole, risalga agli anni Ottanta, ci sono stati importanti passi avanti. Assolutamente insufficienti, ma di sicuro importanti. 

Venditore di polli, Diyarbakır
Facilmente si possono incrociare uomini passeggiare con in mano galline vive e interessanti arrangiamenti di sidecar sfrecciare per le srette vie della città vecchia. Intrufolandosi in questi labirintici vicoli di tufo grigio, cosa da fare assolutamente con una persona del luogo, si possono trovare moschee dagli equilibristici minareti, chiese cattoliche e armene antiche e perfettamente restaurate, protette dai loro custodi, alcuni totalmente ignoranti della storia degli edifici, altri esperti ed esaustivi, fedeli ma celanti del proprio credo di fronte allo stato. (Oggi non e' più indispensabile mentire sulla propria religione, la Turchia è uno stato laico, ma molte famiglie specialmente armene e cristiane in passato hanno avuto, come si sa, molti problemi).

Mar Petyum Keldani Kilisesi, chiesa cattolica, Diyarbakır
Chiesa armena, Diyarbakır

4 ayaklı minare, il minareto dai 4 piedi, Diyarbakır
Inoltrandosi ancora più a fondo è stato magnifico sbucare in un grande antico cortile dove oggi ci si può accomodare e bere in pace un çay o gustare il menengiç, una bevanda che ricorda il caffè turco ricavata dai granelli del terebinto, menengiç in turco, dal sapore deliziosamente speziato che viene cotto nella tazzina direttamente nel forno (attenzione a quando lo sorseggiate perché è davvero bollente, mi sono ustionata la lingua!!!).

Menengiç
A circondare la città una lunga cinta muraria, seconda alla Muraglia Cinese, color grigio basalto dalla quale cima si può apprezzare una vista incredibilmente aperta sulle valli mesopotamiche e sul Dicle Köprüsü (On Gözlü Köprü), letteralmente il "ponte dai dieci occhi", che attraversa il millenario Tigri.

Le mura di Diyarbakır
La citta' tuttavia sembra abbastanza povera: specialmente seguendo il perimetro delle mura si possono osservare quartieri decisamente deteriorati, del tutto non curati, lasciati a loro stessi. E i bambini a correre in mezzo agli spazi polverosi mentre le loro madri, zie, cugine, sorelle maggiori chiaccherano sedute per terra di chissa' quale questione.

Quartieri poveri, Diyarbakır

Spostandosi più a sud, si arriva in quella che qui considerano la capitale della tolleranza in Turchia: a Mardin  infatti si può subito notare l'eterogeneità della sua popolazione (arabi, curdi, turchi) e la convivenza pacifica tra le diverse comunità religiose (musulmani cristiani, armeni) questo grazie alla sua posizione strategica: posizionata a poco più di mille metri sovrasta la pianura che per soli venti chilometri la separa dalla Siria. Di questa affascinante città colpisce immediatamente l'architettura prettamente arabeggiante, di un color ocra paglierino che scalda la vista e l'anima e lascia a volte davvero incantati.

vista da Mardin e i suoi fantastici colori

Kasimiye Medresesi, l'incatevole vista dalla Medresa Kasimiye, Mardin

I minareti delle sue moschee disegnano sagome sinuose nel cielo, perfettamente tutto delle tonalità delle colline che la circondano...brulle e ocra anch'esse. Bisogna assolutamente inoltrarsi anche qui nei labirintici vicoli per apprezzare il vero sapore della "fortezza" (significato di "mardin" in aramaico). Scendendo dall'unica via grande che la attraversa ci si imbatte infatti in un a dir poco pittoresco pazaar, dove le botteghe situate in micro stanze a mo' di grotta, si alternano ai più usuali banconi. Qui, come in tutti i pazaar turchi d'altronde, si può trovare davvero di tutto...dai vestiti, alle pentole, al cibo, alle ferramenta! Piccole scalinate seguite da stradine cementificate, dove le macchine non possono circolare e quindi al loro posto, come in un paese che si rispetti, vengono utilizzati gli asini! E passeggiando, tentando inutilmente di passare inosservati si può facilmente restare impressionati dai crani di pecora esposti nelle vetrine delle macellerie a dimostrare la qualità e naturalezza della carne :) !

A causa della presenza di piccoli e labirintici vicoli a Mardin e' indispensabile ancora l'utilizzo dell'asino.
E' a Mardin che abbiamo provato a trovare un alloggio grazie a Couchsurfing: il ragazzo con cui ci siamo messi in contatto però fa parte di quella gente che di questi tempi sta ospitando parenti in fuga dalla Siria. Tuttavia non smetteremo mai di ringraziarlo per l'enorme disponibilità e gentilezza, per aver condiviso con noi importanti questioni e aneddoti di vita, per averci consigliato una pensione dall'architettura autentica, per le partite a tavla (al quale ovviamente ci ha stracciati), per le comiche imitazioni degli uomini di Balat, per il vino della comunità dei Süryani  (che non significa "siriani", ma "siriaci" o "aramaici" / "assiri": sono un gruppo etnico che vive nei paesi del Medio Oriente di religione ortodossa siriaca o cattolica siriaca) e per averci fatto scoprire degli angoli nascosti della città e della cultura del luogo che senza una persona del luogo sarebbe impossibile notare.

Noi in compagnia di Ali con alle spalle la bellissima Mardin.

Anche Şanlıurfa (chiamata anche Urfa, anticamente Edessa) è oggi città multiculturale. Aggirandosi per le vie che circondano il maestoso parco del Balıklı Göl (il lago dei pesci, carpe sacre e ciccionissime per la precisione) abbiamo notato subito come qui anche gli uomini più anziani indossino dei copricapi, che in generale sono di quattro e ripetuti tipi diversi. Coloro che indossano quella che noi chiamiamo "kefia", quindi a quadretti bianchi e neri sono di etnia curda, quelli che vestono la stessa ma bianca e rossa sono arabi, mentre quelli con copricapi fatti da sciarpe viola o bianche (entrambe molto frequenti) potrebbero appartenere a qualsiasi etnia e non vogliono renderlo presente attraverso gli indumenti.

La gente di Urfa e i suoi colori, i copricapi viola

Passeggiando tranquilli nel complesso di moschee, Urfa

Abbigliamento tradizionale di qualche comunità...donne bellissime e maestose 

Questa città e' meta di pellegrinaggio dei seguaci di Maometto seconda solo alla Mecca. Infatti vi si troverebbe la grotta in cui nacque il profeta Abramo e in cui si rifugiò dalle violente persecuzioni del Re Nimrod. L'intero complesso attorno alla grotta è un susseguirsi di moschee ed eleganti cortili di archi e giardini e vasche.

Balıklı Göl, il paradiso delle Carpe sacre, Urfa
Parco del Balıklı Göl, Urfa



All'interno del complesso di parchi e moschee del Balıklı Göl, Urfa
In particolare quella chiamata Halil-ur-Rahman che comprende il Balıklı Göl, la piscina in cui trovano comoda vita le sacre carpe. Comoda poichè la storia racconta che chiunque tentasse di pescare una di queste creature diventerebbe cieco! Tale piscina sarebbe infatti il luogo dove Nemrut avrebbe voluto dar fuoco ad Abramo in sacrificio a Dio, il quale però intervenne prontamente trasformando le pire in acqua e il carbone in pesci.

Sidecar sfreccianti, Urfa
Le strette vie della citta' vecchia, Urfa
La parte povera... con antenne paraboliche e riserve d'acqua sui tetti, Urfa
Bambini giocosi, Urfa
Per assaporare tranquillamente almeno due degli interessanti siti nei dintorni della città ci siamo affidati ad un'"autista-guida" e, nonostante non sia stata una scelta propriamente economica, ne è valsa assolutamente la pena. Yusuf ci ha accompagnati ad Harran e al Göbekli Tepesi, supposti essere due dei luoghi costruiti dall'uomo più antichi al mondo.

Vista sulla parte vecchia e ancora abitata di Harran. 
Harran è considerato uno dei luoghi abitati da più lungo tempo sulla Terra, un villaggio di cultura araba, che compare anche nel libro della Genesi e in cui Abramo vi abitò per qualche anno circa nel 1900 a.C. Crocevia di strade carovaniere è stata contesa da numerosi popoli come Assiri, Medi, Macedoni, Persiani, Selgiuchidi, Romani e Arabi. La popolazione locale viveva di allevamento e contrabbando, ma grazie al "GAP", un importante progetto di canalizzazione e irrigazione dell'intero sud-est anatolico, dove una volta c'era il deserto ora si susseguono piantagioni di ogni sorta, le cui più famose sono quelle di cotone.

Harran Konuk Evi, casa di famiglia in autentico stile ad alveare perfettamente restaurata, oggi guesthouse, Harran
Il proprietario della casa assieme al nostro mitico şöför Yusuf

Porta di Aleppo, Harran
Entrando dalla Porta di Aleppo e si può passeggiare attorno ai resti di una secolare moschea (oggi degnamente curata dai migliori giardinieri possibili; mucche, capre, pecore e cavalli). Harran è nota anche per esser stato centro di venerazione del Sole, della Luna e dei Pianeti. Oggi è un sito che attrae gli occhi più curiosi in quanto sono ancora conservati validi esempi delle abitazioni a cono-alveare tradizionali del luogo. A causa del caldo estivo soffocante la pendenza dei tetti è stata studiata in modo da creare l'angolo di minor incidenza dei raggi solari!
Sembra di vivere in altri tempi....in mezzo al colore del Sole..le pietre, la terra, le case, le torri, la gente e la storia.








Signora indaffarata a stendere e cucinare le yufke. Ovvero sfoglie per  börek  e gözleme. Harran

Uomo adal fruttivendolo, Harran

A una quindicina di chilometri a sud-est di Urfa si trova il Göbekli Tepesi, considerato il più antico santuario conosciuto al mondo risalente al Neolitico (circa 9000 a.C.) e ad oggi la più importante scoperta archeologica in quanto si sia dimostrata un punto cruciale nella comprensione di come le società umane si siano sviluppate. Attraverso gli studi infatti si e' scoperto che tali templi erano stati costruiti anche prima della sedentarizzazione delle comunità nei villaggi. Il santuario è composto da pilastri disposti in circolo e molti dei quali raffiguranti simboli geometrici astratti e animali, come leoni, serpenti, volpi e tori ed esseri umani. Era probabilmente quindi sito di culti pagani. Questo sito è stato scoperto a metà degli anni Novanta e i lavori non sono ancora terminati.

Göbekli Tepesi
Piastri a "T" raffiguranti volpi e serpenti, Göbekli Tepesi 
Sguardo a perdersi sulle colline mesopotamiche.

Dilek ağacı, in cima alla collina l'albero dei desideri,  

Come non terminare il nostro bel viaggetto a Gaziantep la capitale dei pistacchi e quindi degli squisitissimi baklava!
Qui siamo stati ospitati da un gruppo variegato di amici, anch'essi volontari Evs, conosciuti all' On Arrival Training di settembre. Ho quindi avuto modo di rivedere e conoscere un po' meglio alcune persone davvero in gamba e il loro mondo. Mi è dispiaciuto apprendere come molte di esse non siano state per niente contente del loro progetto Evs. D'altronde le capisco. Se già la città di per se' non sembrerebbe offrire molto, a quanto sembra l'associazione in cui lavorano non li aiuta assolutamente nell'integrazione nel tessuto cittadino. Sembra tutto molto diverso dall'esperienza che vivo io qui ad İstanbul. Ovviamente la città fa la sua differenza, ma non e' abbastanza: inspiegabilmente l'organizzazione di Antep non sembra fare la giusta selezione/scelta dei volontari, ne prende tanti (una media di 20 persone alla volta) e non sembra prendere molto a cuore le loro richieste. Cosi' e' facile notare come un grande gruppo di ragazzi che lavorano e vivono assieme, inseriti in una città non abituata ad aver a che fare con gli stranieri, e per di più non supportati dall'Organizzazione stessa, sia  svantaggiato e scoraggiato sia nell'integrazione nella comunità locale che nell'apprendimento della lingua. Di certo il tempo che ho passato li non è assolutamente abbastanza per avere un quadro completo della situazione, questa è soltanto la prima impressione, confermata comunque dai racconti degli amici volontari di Antep.
Un'esperienza del genere tuttavia permette di far nascere e crescere grandi ed importanti rapporti ed amicizie, cosa che qui ad Istanbul è un tantino difficile. Il gruppo di Antep mi è sembrato affiatato e divertente ed è stato bellissimo rivedere le persone conosciute in precedenza e vivere un po' della loro esperienza nell'Est anatolico. (Un grazie particolare a Benedetta e Joanna che ci hanno scorazzati ospitati e nutriti!!!).

Pazaar di Gaziantep
A Gaziantep, al museo dell'antica città di Zeugma è custodito una splendida collezione di mosaici rinvenuti nel letto dell'Eufrate, che merita assolutamente esser vista e assaporata!

Terra del peperoncino piccante, Gaziantep
                       
A proposito di sapori, come accennato prima, a Gaziantep si possono gustare i più deliziosi piatti della cucina turca. Grazie alla sua posizione la città ha infatti potuto godere dell'influenza della cucina araba. Oltre ai baklava si possono gustare innumerevoli tipologie di kebap, tra i quali il simit kebap, l'Ali Nazik kebap (carne con purea di melanzane affumicate e yogurt), köfte (polpette) come ciğ köfte (polpettine di grano speziate) e içli köfte (polpette di grano fritte ripiene di riso e carne), e dolci come il kadayıf e il künefe.... rrrrrrrr che fame!!!!


e terra dei pistacchi, delle noccioline, delle noci e quant'altro, Gaziantep.

Eccoci alla fine. Ho provato a raccontare più o meno tutto ciò che questo interessantissimo e desideratissimo viaggio mi ha narrato e i segni che mi ha impresso dentro. Per quanto riguarda me preparando questo post e immergendomi nuovamente nel viaggio, mi e' tornata una voglia pazzesca di andare...osservare, curiosare, conoscere, gustare...Spero di avervi fatti viaggiare insieme a me..almeno un pochino.

Zaino in spalla e via allora, alla scoperta di nuove terre e genti!

(speriamo presto!!!)